Questa guerra è un male per l’intera umanità. Fermiamola.

di Sandro Antoniazzi

Questa guerra avviene in Ucraina, paese aggredito, ma riguarda direttamente il mondo intero.

Per la grande maggioranza dei popoli si tratta di una guerra che, al di là dell’Ucraina, rappresenta un ben più temibile scontro tra Occidente e Russia.

Appare sempre più evidente che ciò che in gioco non è il futuro di un territorio limitato, il Donbass, di poco più di 50.000 km quadrati.

In gioco sono il futuro dei rapporti in Europa, gli equilibri mondiali, le alleanze belliche, le condizioni di sicurezza relative agli schieramenti armati, fra cui non ultimi quelli atomici.

I danni già provocati, e che si accrescono ogni giorno, si presentano imponenti.

Innanzitutto, le vittime. Al di là delle risibili e ripetitive cronache delle nostre televisioni: missili russi che uccidono due o tre civili, ma niente si dice delle centinaia di soldati che muoiono nello stesso giorno.

E le bombe ucraine non fanno vittime? E uccidono solo militari? E neppure si può parlare delle condizioni in cui vivono milioni di ucraini: le difficoltà di sopravvivenza della popolazione e di cura di migliaia e migliaia di feriti.

Se si potesse intervistare la popolazione, soprattutto quella vicina al fronte, molti probabilmente si esprimerebbero a favore della fine della guerra.

Fra i disastri provocati ci sono poi quelli ambientali: la guerra è sostanzialmente una guerra di posizione, il che significa che dall’una e dall’altra parte si è praticamente fermi e l’attività consiste nello sparare missili e cannonate, con un consumo impressionante di bombe e munizioni.

Secondo il New York Times gli ucraini hanno perso in qualche settimana il 20% degli armamenti ricevuti.

Gli effetti inquinanti di questi incessanti bombardamenti superano decisamente i miglioramenti climatici dovuti alle decisioni dell’Unione Europea: è una contraddizione lampante, ma si fa finta di niente.

Ciò che di più ha colpito la popolazione mondiale riguarda i temi dell’alimentazione e dell’energia.

Per molti Stati le risorse granarie e cerealicole dell’Ucraina e della Russia sono essenziali: il fragile accordo è ora saltato perché la Russia non ha firmato il rinnovo, dopo gli attacchi al ponte della Crimea (cereali che, è bene ricordare, andavano ai paesi africani per il 23%, mentre quasi il 50% andava all’Occidente).

La rinuncia al gas russo non è avvenuta senza seri problemi per l’Europa: si è trovato il gas altrove, ma a un prezzo maggiore e si è ritardata la chiusura di centrali atomiche (per non parlare del sabotaggio al gasdotto del nord, chiaramente non di mano russa).

Soprattutto tutto questo, crisi alimentare ed energetica, insieme alla crescente difficoltà lungo la catena degli approvvigionamenti, costituisce la causa principale dell’aumento dell’inflazione, che ha provocato enormi problemi a tanti paesi e a tanta gente.

Problema ancor più grave è lo scatenamento della corsa alle armi che si è determinata nel mondo intero: tutti investono negli armamenti, gli Stati della Nato portano la loro spesa al 2% del PIL, gli Stati Uniti che già spendono più di 800 miliardi di dollari in spese militati (il 38% di quelle mondiali) aumentano il loro budget e anche la Cina che oggi spende 381 miliardi, ha deciso di incrementare la spesa, dato che il Pacifico è diventato un nuovo terreno di scontro.

C’è una corsa al riarmo che non riguarda solo gli investimenti in armi: è la Nato che si allarga, sono programmi di organizzazione militare, accordi bellici, nuovi schieramenti più minacciosi, predisposizione di armamenti ai confini sempre più pericolosi, dichiarazioni come quelle del Ministro inglese della difesa che ipotizza una guerra tra Gran Bretagna e Russia entro un decennio (e la Gran Bretagna in fatto di armamenti viene subito dopo gli USA).

Gravi sono in proposito le recenti affermazioni di Biden, volte a fare dell’Ucraina e della Polonia, quello che è Israele in Medio Oriente: una roccaforte sicura e fedele, super-armata, lunga manus dell’America contro la Russia.

Gli USA si fidano molto più della Polonia e dell’Ucraina che non della Francia e della Germania, troppo autonome e che ogni tanto pensano a un esercito europeo più indipendente.

Veniamo alla guerra. È chiaro che nessuno dei due schieramenti è in grado di vincere; lo pensano in molti, soprattutto in USA.

Dunque, si fa la guerra non per vincere e concludere; si fa la guerra perché conviene che duri a lungo.

I motivi sono molti: l’idea di logorare la Russia, il recupero di un’egemonia occidentale e di una maggiore influenza dell’America in Europa, predisposizione di futuri rapporti con la Russia in una condizione di forza, anche qui di impronta più americana che europea, le elezioni americane.

In poche parole, ciò che si profila, a causa della guerra, si muove esattamente nella direzione opposta a tutti i nostri ideali di pacifica convivenza, di nuovi rapporti col Sud del mondo, di un auspicato avvio del disarmo, di una visione di pace e concordia tra tutti i popoli.

Per questo la guerra va fermata subito.

Non si tratta di avere una visione idealistica al di sopra delle parti, ma proprio nella concretezza storica e conoscendo le diverse responsabilità, si deve prendere atto che si è andati molto al di là di ciò che è giusto.

Se la guerra viene fatta senza prospettive di successo, come sta avvenendo, e se i frutti già ora sono peggiori di quelli che si potrebbero ottenere con una del tutto ipotetica vittoria, allora la guerra va fermata, non ha senso, provoca solo male.

È necessario che tutte le forze democratiche, laiche e cattoliche, politiche, sociali e associative si uniscano per chiedere l’immediata apertura di trattative di pace: lo si chieda all’ONU (almeno l’Assemblea potrebbe prendere posizione) oppure a un gruppo di nazioni (Brasile, Cina, Turchia, India e altre) che si assumano la responsabilità di farsi carico del bene comune dell’umanità.

 

Sandro Antoniazzi