Chi rappresenterà Milano in Europa?

di Piervito Antoniazzi

Non sono mai stato un sostenitore di Pisapia. Amico di Boeri da sempre (giocavamo a calcio assieme), sono stato uno tra quelli che l’ha convinto a candidarsi alle primarie e poi nel PD (13.000 preferenze nel 2011). Però devo riconoscere che il consenso verso il leader che ha riportato la sinistra al governo di Milano dopo venti anni è proseguito anche dopo la fine mandato (2011-2016) e ha trascinato la sinistra anche alle europee del 2019.

In quella occasione Pisapia fu recordman di preferenze nel nord-ovest, 267.871 di cui 111.845 nell’area metropolitana e ben 71.495 nella sola città di Milano record assoluto per quella tornata Nel PD fu candidato anche Calenda (nel nord-est) e fece campagna anche Renzi.

Se nazionalmente il PD prese il 22,74%, in Regione prese il 23,08 nell’area metropolitana arrivò al 29,05% e a Milano addirittura a 35,97%, indiscutibile “l’effetto sindaco” come del resto era stato per i suoi predecessori Albertini e Formentini che superarono le 80000 preferenze in provincia di Milano, pur avendo l’obbligo di non oscurare i capilista.

E’ vero che alle europee si possono esprimere tre preferenze (di due generi diversi) ma sicuramente il dato milanese fu straordinario se si pensa che su cinque eletti tre erano milanesi. Nel caso di più preferenze espresse, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda e terza preferenza. Oltre a Pisapia (il più votato), Maiorino (terzo con 93.175 voti, di cui 61.706 nell’area metropolitana e 39.564 in città) e Toia (quarta con 79.960 voti, di cui 45.858 in area e 20.769 in città).

Ora Pisapia sembra non voglia ricandidarsi, Maiorino è appena stato eletto in Regione Lombardia, Patrizia Toia ha fatto già quattro mandati (venti anni!) e difficilmente avrà una deroga alle regole per ricandidarsi.

Dunque chi rappresenterà Milano in Europa? Si rischia di passare da tre a zero!

“Milano vicino all’Europa” cantava Lucio Dalla, sono molti i nomi che circolano ma non tutti paiono all’altezza dei predecessori e soprattutto non è chiaro chi e cosa vogliono rappresentare dello specifico milanese.

Nel 1999 la sinistra milanese fu rappresentata da Fiorella Ghilardotti; nel 2004 recordman di preferenze in città fu Bersani: con lui la città era rappresentata anche da Toia e Panzeri, nel centro destra dall’ex sindaco Albertini; nel 2009 sempre Toia e Panzeri e sempre Albertini ma anche Antonio Di Pietro; nel 2014 di nuovo Toia e Panzeri.

Nel passato non tanto remoto, il Parlamento europeo ha visto eletti a Milano molti più leader nazionali e prestigiosi indipendenti (Craxi, Almirante, Bertinotti, Capanna, Spinelli, Pelikan, Scalfaro, Moravia, Tortora, Duverger, Bettiza, Fini, Cacciari, Berlusconi), che rappresentanti del territorio; erano anche altri tempi con un’Europa più politica e meno gestionale ma si può dire che anche se sono transitati quattro sindaci (Tognoli – peraltro poi dimissionario – Formentini, Pisapia, Albertini) e due presidenti di regione (Formigoni, Ghilardotti), amministrativamente parlando la città e la regione è sempre stata sottorappresentata. Per precisione va ricordato che dal 2004 l’incarico di parlamentare europeo è incompatibile oltre che con cariche di governo e con l’elezione in Parlamento nazionale anche con le cariche di:  presidente di giunta regionale, assessore regionale, consigliere regionale, presidente di provincia e infine sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

Dopo il risultato del 2019 Sala dichiarò “Abbiamo battuto la Lega (primo partito alle europee del 2019) a Milano. E’ la dimostrazione che il nostro lavoro si vede…” (Il Giorno 27 maggio 2019).

Potrà dire lo stesso dopo il voto del 9 giugno 2024?

Urge una riflessione ed un cambio di passo. Quanta consapevolezza e partecipazione c’è nei cittadini milanesi sulle scelte europee e che ricadute hanno queste nelle politiche urbane? Quanto è vivo o in sofferenza il “modello Milano” di coniugazione tra sviluppo e coesione sociale? Chi riesce ad esprimere in sintesi politica questo modello storico e a innovarlo?

Con nobile e ipocrita scelta quando si parla di elezioni europee si tende a fissarsi sui grandi temi lasciando ad altri (caminetti, summit correnti, trattative ETC) la scelta dei candidati che tra l’altro se la devono vedere con le preferenze e il collegio più vasto d’Italia con 12 milioni di aventi diritto e circa 8 milioni di voti validi  l’ultima volta, con 1503 comuni in Lombardia, 234 in Liguria, 1180 in Piemonte, e 74 in Val d’Aosta per un totale di 2991 comuni, che per visitarli tutti bisognerebbe non recarsi mai fuori dal collegio per tutti gli anni del mandato (la presenza dei parlamentari europei italiani ai lavori del Parlamento è invece di circa il 90%, nettamente più che al Parlamento nazionale).

Le liste dei candidati devono essere sottoscritte da non meno di 30.000 e non più di 35.000 elettori. In ogni regione della circoscrizione devono essere raccolte almeno 3.000 firme. Sono esonerati dall’obbligo di sottoscrizione i partiti politici che hanno almeno un rappresentante al Parlamento europeo o al Parlamento nazionale, eletti con il proprio contrassegno, e i partiti costituiti in gruppo parlamentare in una delle due Camere al momento della convocazione dei comizi elettorali.

In realtà bisognerebbe parlare di candidature e di candidati (da eleggere sono 20), di preferenze, di rappresentanze territoriali e di categorie.

Con “La Fabbrichetta” vogliamo aprire il dibattito, lunedì 15 gennaio alle 18.30 a SLOW MILL, via Volturno 32.

Chiunque voglia candidarsi a dare risposte è il benvenuto, ai partecipanti sarà fornito un dossier elezioni.

Piervito Antoniazzi

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