Le politiche migratorie in Italia: a dieci anni dalla strage di Lampedusa

a che punto siamo, che cosa non funziona. L'analisi di Cristina Giudici

ripubblichiamo da gariwo.net

A dieci anni dal più grande naufragio avvenuto nel Mediterraneo, il 3 ottobre 2013, in cui sono morte 368 persone, si sta diffondendo un motto fra gli esperti e attivisti impegnati nella difesa dei migranti che riassume bene tutte le norme che continuano ad essere varate in modo caotico e sincopato dal governo Meloni nella vana speranza di fermare gli arrivi: “La vera emergenza siete voi”. Perché davanti alla tragedia di Cutro del 26 febbraio scorso, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha varato un decreto per ampliare le categorie dei richiedenti asilo (o di chi arriva alle frontiere) che possono essere espulsi, limitando fortemente la protezione speciale. E poi, con sporadici ma continui interventi, il Governo ha continuato a varare norme restrittive che hanno un unico obiettivo: rimpatriare o meglio annunciare di voler rimpatriare un maggior numero di migranti. Con un unico risultato boomerang: creare una vera emergenza sociale e aumentare la cifra di irregolari (si stima siano già 500mila). Norme peraltro accompagnate da una propaganda sovranista che, coniugata a una grave forma di “annuncite”, non sembra avere precedenti. E colpisce tutti, compresi i minori stranieri non accompagnati (MSNA) che fino ad oggi hanno potuto contare sulla legge 47 del 7 aprile 2017, all’avanguardia in Europa, che prevedeva un circuito ad hoc per proteggerli e inserirli in comunità specifiche (anche se la graduale disarticolazione del sistema di accoglienza sta impedendo da tempo la sua attuazione). Tutte decisioni estemporanee sull’onda di una presunta emergenza che dura ormai da anni se non decenni. Come ha spiegato bene il professor Stefano Allievi si procede per stratificazioni cumulative, anche in rapidissima successione. “Una volta sono le ong, subito dopo il decreto flussi (unica decisione che va nel senso di un’apertura: tutte le altre sono improntate a una logica suicida di chiusura totale), un’altra volta il raddoppio dei centri per il rimpatrio e l’allungamento dei tempi di detenzione per poi rilanciare con un pagamento per non andarci (il prezzo della libertà?) e infine con discutibili iniziative sui minori”, ha osservato Allievi, “inframmezzando il tutto con uno scontro con la Francia sui respingimenti a Ventimiglia, e un altro con la Germania perché dà dei soldi a Sant’Egidio o a qualche ong cui si imputa la responsabilità di salvare delle vite umane, sottoponendoci all’umiliante figuraccia di sentirci ricordare che è quanto fa anche la nostra Guardia Costiera”.

MSNA. Cominciamo quindi dalla norma sui minori stranieri non accompagnati, inserita nell’ultimo decreto varato dal Governo che riguarda la fascia più vulnerabile dei migranti. La norma non considera più minorenni i migranti che hanno fra 16 e 18 anni. E ha deciso di tenerli nei centri di accoglienza per adulti per verificare se siano falsi minori. In sostanza, colpevoli fino a prova contraria.

Per i minori stranieri non accompagnati, si prevede che, “in caso di arrivi consistenti e ravvicinati, qualora l’accoglienza non possa essere assicurata dal Comune, in caso di momentanea indisponibilità di strutture temporanee, il prefetto potrà disporre il provvisorio inserimento del minore – che ad una prima analisi appaia di età superiore ai sedici anni – per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, in una specifica sezione dedicata nei centri e strutture diversi da quelli riservati ai minori”.
La senatrice Sandra Zampa, madre della legge sui MSNA, è furiosa: “La promiscuità nei centri per adulti per i minori viola la Convenzione Onu sui diritti dei bambini ratificata dall’Italia. Li si mette in pericolo, a rischio di essere vittime di ulteriori soprusi, nella speranza che scappino o che diventino maggiorenni per espellerli. La mia legge era pensata per proteggere i minori non accompagnati in quanto minori e non migranti. La macchina della propaganda diffonde notizie false poiché non è vero che siano aumentati (secondo il Viminale sono 11mila quelli sbarcati da gennaio del 2023 mentre nel 2022 sono stati 14mila e complessivamente sono 20mila come nel 2022, ndr) semmai è diminuita l’offerta educativa perché, davanti al taglio del budget, ci sono meno comunità disposte a prenderli in carico. Inoltre, la questione dei falsi minori è un alibi. Si tratta di ragazzi che vengono in cerca di un lavoro e di un futuro migliore che vengono respinti e gettati nel caos dell’accoglienza dove potrebbero essere adescati e finire nel racket della prostituzione o nello sfruttamento del caporalato. E invece si dovevano creare dei centri appositi regionali prima di mandarli in comunità e in famiglia. E si doveva fare un piano nazionale di affidi “omoculturali” che avrebbero anche favorito l’apertura e l’integrazione delle famiglie che li avrebbero accolti. Ma dove vogliono arrivare? A vederli affogare con le loro pagelle di scuola?” In realtà, la situazione dei minori stranieri è emergenziale perché si concentrano in maggior parte in Lombardia (il 10 per cento) dove il sistema di accoglienza è saturo e dove tanti cercano di andare in Francia o in Germania o scappano dai centri perché lasciati allo sbando. E così, spesso, finiscono per strada, come continuano a denunciare i volontari che cercano di aiutarli ogni giorno.


Espulsioni più facili (ma solo in teoria)

Espulsioni più facili “per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato” (un refrain che sentiamo dire da decenni). Dopo Il decreto 20/2023 (detto anche “decreto Cutro”) che ha limitato fortemente la protezione speciale, ossia una delle modalità attualmente esistenti per garantire l’asilo alle persone straniere presenti sul territorio italiano, e aver allargato la categoria dei migranti che possono essere espulsi, soprattutto se provengono dalla lista dei “Paesi sicuri”, l’ultimo provvedimento sui migranti mira ad allontanare dall’Italia gli stranieri pericolosi, anche se hanno un permesso di soggiorno di lungo periodo. Si prevede infatti che l’espulsione possa essere disposta per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato dal ministro dell’Interno, dandone preventiva notizia al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri. Quando ricorrono gravi motivi di pubblica sicurezza l’espulsione è disposta dal prefetto. E può essere allontanato anche chi è destinatario di una misura di sicurezza. Il questore può inoltre dire no al reingresso dell’espulso che ha presentato ricorso se ritiene che la sua presenza possa procurare “gravi turbative o grave pericolo all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica”. Molti esperti osservano che queste misure sono una ripetizione di provvedimenti precedenti e rappresentano una cortina di fumo per rafforzare consensi facendo leva sulle politiche migratorie.

Uno degli articoli dell’ultimo decreto punta poi ad evitare che le domande di asilo reiterate blocchino l’allontanamento disposto. Sarà infatti il questore, e non la commissione territoriale asilo, a decidere in via preliminare, ma nei giorni scorsi il tribunale di Catania ha sconfessato il recente decreto approvato e ha disposto la liberazione di alcuni migranti destinati al Cpr di Pozzallo, tacciando il provvedimento di illegittimità e di contrasto con la normativa europea. La controversia con i magistrati che non applicano provvedimenti simili è sempre stata una costante delle politiche migratorie ispirate alla filosofia della “Fortezza Europa” che ha sempre cercato di limitare, invano, gli arrivi. Il Viminale ha annunciato ricorso e il braccio di ferro inasprirà lo scontro fra il governo Meloni e i magistrati.


Cpr, le galere dei migranti dove viene sospeso lo stato di diritto, vengono raddoppiate

La norma approvata recentemente nel decreto Sud prevede il raddoppio dei centri di permanenza e rimpatrio, Cpr, (da 10 a 20, uno per Regione) e allunga il tempo di trattenimento da 6 a 18 mesi dei migranti da rimpatriare – suscitano perplessità di giuristi, addetti ai lavori, enti e associazioni che operano coi migranti, oltre alla contrarietà di diversi sindaci e presidenti di Regione. I Cpr sono 9 (il decimo, a Torino, è chiuso) con 619 posti disponibili. Sono distribuiti in 7 regioni (Puglia, Sicilia, Lazio, Basilicata, Friuli Venezia-Giulia, Sardegna e Lombardia). I nuovi Cpr saranno affidati al ministero della difesa, trasformando così la gestione politica dei migranti in una questione militare. Ossia saranno opere destinate alla difesa nazionale al pari – ad esempio – di aeroporti, basi missilistiche, depositi munizioni, caserme, basi navali. Li faranno? Può essere complicato realizzarli perché tanti presidenti di Regione e sindaci hanno già espresso la loro contrarietà. Il governatore della Toscana Eugenio Giani ha dichiarato: «Non darò l’ok a nessun Cpr in Toscana. Si stanno prendendo in giro gli italiani, il problema dell’immigrazione è come accoglierli, non come buttarli fuori». E nemmeno il governatore leghista Luca Zaia li vuole. Infatti, ha osservato con pragmatismo: “l Cpr non risolvono il problema degli arrivi, questo lo dobbiamo dire per essere corretti nei confronti dei cittadini, e si consideri che mediamente ogni anno l’Italia riesce a far rimpatriare dalle 3.500 alle 4.000 persone, quando va bene”. Inoltre bisogna ricordare che i 18 mesi di permanenza nei Cpr erano già stati introdotti dal quarto Governo Berlusconi nel 2011. In quel triennio, l’effetto della permanenza di 18 mesi nei Cpr non ebbe sostanzialmente alcun impatto sulla percentuale di allontanamenti dal Paese. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno, i rimpatri forzati in Italia nel 2023 al 31 agosto sono stati solo 2.293 (nel 2022, 3.275). I Paesi di arrivo dei rimpatri forzati sono stati prevalentemente la Tunisia, 1441 persone al 31 agosto 2023, mentre nel 2022 erano state 2308; l’Albania, 362 persone al 31 agosto 2023 contro le 518 di tutto il 2022 e l’Egitto, 212 persone al 31 agosto 2023 contro le 329 di tutto il 2022.

Quanto vale la libertà? 

Nel decreto Piantedosi pubblicato lo scorso 23 settembre sulla Gazzetta Ufficiale è stato deciso anche di offrire una cauzione di 4968 euro ai richiedenti asilo che arrivano da “Paesi sicuri” per evitare di finire nei Cpr. Una garanzia finanziaria che già esiste per i cittadini di paesi terzi presenti irregolarmente sul territorio nazionale e destinatari di un’espulsione ma che diventa surreale, o meglio un ricatto impossibile da attuare se imposto a chi arriva dal Mediterraneo. Soprattutto perché dovrebbe essere chiesta attraverso una fideiussione bancaria. Si tratta di una norma manifesto che, come è ormai abitudine del legislatore italiano quando si tratta di immigrazione, presenta elevatissimi profili di incostituzionalità e di violazione delle direttive europee. E soprattutto un elevatissimo profilo di disumanità.


Altro che tolleranza zero. Il governo Meloni abolisce l’integrazione

Nel decreto chiamato in modo offensivo Cutro perché è stato battezzato col nome di un naufragio si dimostra un totale sprezzo di tutti i diritti dei migranti. Si prevede infatti anche di limitare i servizi complementari del sistema di accoglienza per i richiedenti asilo, necessari alla loro integrazione e a evitare che restino ai margini della società. L’articolo 6-ter, Modifiche alla disciplina sulle modalità di accoglienza”, prevede che vengano eliminati i servizi di assistenza psicologica, insegnamento della lingua italiana e di orientamento legale. “Ai sensi del nuovo dettato normativo, all’interno di tali centri, l’assistenza fornita verrà limitata a quella sanitaria, all’assistenza sociale e alla mediazione linguistico-culturale”. Con buona pace di tutta la retorica su quanto siano benvenuti gli immigrati che lavorano e si integrano. Creando così una classe di cittadini stranieri più facilmente reclutabili dalle organizzazioni criminali.


La farsa dell’accordo con la Tunisia

La premier Giorgia Meloni ha tentato di fare un accordo con la Tunisia, avvalendosi del sostegno della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che però per ora non ha portato a nessun accordo concreto, anzi. La presidente della Commissione Europea è stata smentita dall’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione, Josep Borrell, per aver fatto una fuga in avanti senza il previo consenso degli Stati membri. L’accordo con la Tunisia per frenare le partenze resta per ora sulla carta.


Salvare i migranti è sempre più difficile

I salvataggi in mare delle ong erano già stati limitati dal Codice di condotta voluto dall’ex ministro Minniti nel 2017 (prima di allora le ong affiancavano i soccorsi istituzionali della Guardia Costiera e della Marina Militare). Poi l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini ha previsto sanzioni pesanti e confische delle navi che facevano soccorso e salvataggio, inaugurando la stagione politica dei porti chiusi anche se in realtà non ha potuto chiuderli ma ha ostacolato e dilatato i tempi per l’approdo, lasciando i migranti in balia della propaganda. Nel decreto Piantedosi di gennaio scorso invece si individuano le condizioni da rispettare da parte delle ong. Una volta effettuato un salvataggio in mare, ogni imbarcazione è tenuta a richiedere immediatamente un porto di sbarco al Centro di coordinamento marittimo e raggiungerlo senza indugio, evitando di effettuare altre operazioni, i cosiddetti salvataggi multipli. Secondo il governo italiano è necessario distinguere tra salvataggi “occasionali”, a cui peraltro sono tenute tutte le imbarcazioni di qualsiasi tipo in caso trovassero naufraghi nelle vicinanze, e le sistematiche operazioni di salvataggio condotte dalla ong, che costituirebbero una sorta di incentivo alle partenze dalle coste africane.

Le donne verranno risparmiate dalle politiche di chiusura

Nelle tantissime norme che creano confusione e un’emergenza legislativa, le uniche che paiono essere risparmiate sono le donne. Nell’ultimo decreto si stabilisce l’accesso nelle strutture del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) a tutte le donne (non più solo a quelle in stato di gravidanza) perché considerate soggetti di particolare vulnerabilità. Forse in un Paese alle prese con 87 femminicidi dall’inizio del 2023 non si poteva arrivare a rimandare indietro anche le migranti che arrivano spesso in Italia incinte a causa degli stupri subiti durante il viaggio verso l’Europa.


Conclusione (provvisoria): Fra provvedimenti restrittivi che si sovrappongono a quelli già esistenti (e quindi servono solo a scopi demagogici), quelli ulteriori che potranno essere ignorati dai magistrati perché violano le convezioni internazionali o presentano rilievi di incostituzionalità e la continua demonizzazione delle organizzazioni umanitarie che salvano le persone in mare, una cosa è certa: le condizioni per i migranti peggioreranno ancora. Soprattutto per quelli che finiscono nei Cpr dove lo stato di diritto viene sospeso, si diffondono suicidi e atti di autolesionismo e dove verranno portate persone che non hanno commesso reati, a meno di considerare reato la libertà di emigrare. Nella politica del Governo (ma anche di quelli precedenti) viene meno un concetto fondamentale e presente in molti testi sacri: “Chi salva un uomo salva l’umanità” che, per la filosofia sovranista, diventa quasi un concetto sovversivo. E, di conseguenza, lo straniero è diventato un nemico.

Cristina Giudici, giornalista