I Centri per il Lavoro incontrano il Presidente AFOL

Venerdì 11 febbraio si è svolto presso la Libreria di via Tadino un incontro tra i responsabili dei centri per il lavoro, alcuni amici esperti dei problemi del lavoro e il Presidente AFOL, Maurizio Del Conte

 

Introduce brevemente Sandro Antoniazzi proponendo all’ospite, prof. Maurizio Del Conte, tre questioni che stanno al centro dell’incontro.

Primo. A seguito del PNRR, del decreto GOL e di altri vari provvedimenti che prevedono un’affluenza di risorse e personale per i Centri per l’Impiego, siamo interessati a conoscere le intenzioni e i programmi dell’AFOL a riguardo. Come l’AFOL intende utilizzare queste risorse e in quali direzioni intende sviluppare la sua azione?

Secondo. In diverse occasioni e da più parti è stato annunciato un Patto per il lavoro della città di Milano. E’ possibile sapere qualcosa del contenuto di questo patto, che sembra essere imminente?

Terzo. I nostri centri svolgono un’attività, semplice ma importante, di informazione e di accompagnamento, particolarmente delle persone più fragili. Abbiamo anche un’associazione (Reagire) che ha proposto un piano di zona che, una volta verificato, potrebbe costituire un modello estendibile anche ad altre zone. E’ possibile pensare ad un approccio di AFOL che valorizzi queste esperienze?

Maurizio Del Conte

Il programma dell’AFOL. Il PNRR, missione 5, si è declinato al momento nel programma GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori), che in sostanza fotografa l’esistente. Inietta nuove risorse, importanti perché i servizi non si possono fare a costo zero. Però il modello in atto era stato disegnato in base alle risorse modeste di un tempo; ora mettere tante risorse senza cambiare il modello non costituisce la cosa migliore; anche perché il modello era orientato al processo, non al risultato, obiettivo poco ambizioso.

Si lavora sulla occupabilità, ma poi non si realizza la presa in carico, per cui occorrono altri strumenti: bilancio delle competenze, profilazione delle persone, il rapporto con la formazione professionale, ecc…

Il programma è molto rivolto alla capacità di spesa (che per AFOL riguarda sia i servizi per il lavoro, sia la formazione professionale) e dunque sull’efficientamento, obiettivo che era già in corso, rispetto all’obiettivo ultimo che dovrebbe essere orientamento, presa in carico, profilazione, formazione appropriata, accompagnamento al lavoro.

Per i Centri per l’Impiego il personale, con le nuove risorse, è raddoppiato. Il problema sono le competenze del personale perché i concorsi sono stati fatti con le vecchie regole, senza definire prima il profilo degli operatori dei centri. Abbiamo comunque risorse per incrementare la dotazione informatica e per acquisire nuovi spazi fisici.

A Milano abbiamo un Centro per l’Impiego in città e 7 nell’area metropolitana, cui si aggiungono 72 sportelli comunali; inoltre, con la digitalizzazione abbiamo ridotto del 77% le attività di sportello relative alle richieste di documenti. Stiamo poi operando per definire un modello diverso di presa in carico degli utenti e per stabilire una collaborazione sia con le Agenzia per il lavoro sia con le parti sociali per avere notizie in tempo reale sulle esigenze (naturalmente non le “vacancy”, ma le tendenze).

Inoltre: – stiamo sviluppando specifiche proposte per le donne (anche attraverso sportelli specifici con spiegazione dei servizi) – stiamo operando per diffondere gli sportelli: ne apriremo uno a San Siro, una realtà particolarmente critica – stiamo pensando a esperienze pilota (ad esempio, quella di Reagire) – stiamo realizzando un ITS (avendo vinto uno dei tre bandi regionali).

Patto di Milano. Ne abbiamo parlato già nel 2019. Milano è un laboratorio di innovazione. In genere i canali per trovare lavoro sono informali. Però se vogliamo migliorare la qualità del lavoro occorre che i processi siano governati. Le parti sociali, il sindacato, sono importanti per rilevare i problemi. L’Assessore del Lavoro di Milano vuole allargare il Patto ad altre parti sociali, ad altri stakeholder, e vuole che nel patto entri lo smart-working.

Le attività dei nostri centri. Crediamo nella partnership col Terzo Settore, anche se è sempre difficile individuare una rappresentanza congrua. Sicuramente però rappresenta un valore aggiunto e si possono costruire sinergie. Il problema è la capacità di cambiare il modo di lavorare.

L’esperienza che potremmo fare col progetto per una zona potrebbe servire anche ai nostri operatori. Abbiamo già comunque in atto alcune partnership con una Fondazione per la formazione dei giovani e con un’altra per lo studio di un modello più efficace di ricevimento dell’utenza.

Dibattito

Adriana DB. – Agli sportelli si presentano persone con mille problemi di ogni genere, particolarmente le donne. Nel nostro Municipio sta nascendo un Tavolo sociale. Però ogni territorio lavora in modo diverso a seconda delle esigenze.

Romano G. – Noi a Welfare Ambrosiano facciamo soprattutto interventi di sostegno al reddito, anche attraverso l’accesso al credito. Però cerchiamo di promuovere un modello di reinserimento. Ci sono persone particolarmente fragili: ad esempio, se uno è indebitato non ha solo problemi finanziari, è anche depresso, scoraggiato. Bisogna unire all’aiuto economico l’accompagnamento (psicologico). Le risorse sono uguali per tutti, però è essenziale l’attenzione alla persona e ai suoi bisogni. (Risposta del relatore. I servizi previsti sono naturalmente standard, però qualche intervento più particolare si può fare. Più si personalizza, più il servizio costa).

Luigi D. – La mia azienda svolge anche formazione nel quadro regionale. Anche nel mio lavoro, ragionando secondo gli standard, si fa fatica a stare dentro. Si dovrebbe mettere a fuoco un modello, utilizzando anche competenze multidisciplinari: ci sarebbero molte competenze da utilizzare, spesso sprecate (es. ex-manager). La responsabilità è spesso delle imprese che sono carenti in quanto a capacità strategica; così diventano aleatori i percorsi formativi, perché non si sa che cosa vogliono. Oggi sul mercato ci sono grandi aziende americano pronte a comprare le nostre piccole aziende.

Elio S. – A livello territoriale spesso manca la collaborazione. Le istituzioni pensano che spetti a loro decidere e agli altri eseguire. Ma non è così. Il territorio è importante, anche le piccole aziende è più facile avvicinarle lì. Il vantaggio delle istituzioni, il Municipio e l’AFOL, è che, partecipando con poco, hanno la possibilità di avere un rapporto con chi è dentro al sociale. Le istituzioni dovrebbero apprendere a partecipare alla pari degli altri.

Marco C. – Il rapporto coi sindacati e le associazioni imprenditoriali è importante, ma spesso queste realtà non conoscono l’aspetto specifico dei bisogni occupazionali: bisogna rivolgersi direttamente alle imprese. Il Terzo Settore è portatore di un bene particolare: la “fiducia”. E’ il motivo per cui ancora adesso la gente va in parrocchia a cercare lavoro. Occorre pensare a una forma di collaborazione tra Pubblica Amministrazione e Terzo Settore, una coprogettazione. E’ necessario un investimento sulla domanda di lavoro, per poterla conoscere in modo adeguato.

Massimo F. – Il volontariato e il Terzo Settore sono due realtà diverse ed entrambe importanti. Il volontariato è la frontiera più aperta a capire le nuove esigenze e i nuovi bisogni; poi naturalmente necessita un rapporto istituzionale. A volte i problemi più gravi provengono da coloro che sono caduti in basso. E’ l’andare verso le persone il limite di GOL.

Anna P. – Si affermano lo smart-working e il lavoro da remoto anche in forme ibride. E’ importante intervenire per affrontare il problema prima che si verifichi una dispersione. (Risposta. L’idea è dar vita a un laboratorio permanente sul lavoro agile, inteso in senso ampio).Emanuela T. – Facendo il lavoro volontario, il rapporto con la realtà ce l’hai. Per le donne lo smart-working è un rischio, se poi riducono i servizi. I servizi devono rimanere uguali sia col lavoro nel posto fisso sia con lo smart-working, altrimenti le donne ci perdono. (Risposta. Un problema dello smart-working è la volontarietà e un altro la domiciliazione. E’ ancora molto forte il modello della donna che si carica tutto sulle sue spalle. E’ molto un problema di cultura, che resiste al cambiamento).

Donata M. – Per accompagnare i fragili occorre una cultura e un metodo adeguato, oltre naturalmente alla sensibilità.

Sandro A. – Ringrazio ancora il prof. Del Conte e tutti i partecipanti per questo incontro molto vivo e proficuo. Dal nostro dibattito emerge come la presenza di un volontariato e di un Terzo Settore preparati e adeguati sia fondamentale per rappresentare i bisogni e per accompagnare le persone, integrando e interagendo col lavoro delle istituzioni. E’ un lavoro dal basso che sarà sempre essenziale.