La sicurezza va coniugata con la partecipazione! Diamo un ruolo ai municipi

Di Pier Vito Antoniazzi

Tutti gli osservatori esprimono preoccupazione per la scarsa partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

Chi da’ le responsabilità a una diminuita credibilità della politica (da tangentopoli in poi), chi alla sottrazione della possibilità di scegliere e incidere (vedi leggi elettorali con candidature decise dalle segreterie dei partiti), chi al depauperamento della società (gli “ultimi”, in condizioni ai limiti della sopravvivenza, hanno altro a cui pensare rispetto al voto…).

Solo i partiti non se ne preoccupano tanto che contano i voti in percentuali (sempre in aumento!) e non in voti assoluti (spesso in diminuzione).

Quasi che la diminuzione dei votanti (ormai a meno del 50% dell’elettorato) renda più premiante il proprio “zoccolo duro” di fedelissimi (o di quelli che votano “turandosi il naso” come sentenziò Montanelli).

Ma il distacco dalla partecipazione nella vita pubblica non si coglie solo nell’astensione dal voto.

Lo si vede per esempio nella crisi di ruolo e di senso del decentramento (a Milano, ma non solo).

Da quando Giuseppe Dossetti nel suo programma di Sindaco a Bologna (sconfitto da Giuseppe Dozza nel 1956) introdusse i consigli di quartiere (che poi Dozza realizzò anche con il suo voto), il tema del decentramento nelle città ha sfondato.

Però la sua attuazione non ha dato i risultati di partecipazione che ci si attendeva.

Ed è stato un problema, ancora una volta di volontà politica.

Si è costruito un insieme di statuti e regolamenti sul modello parlamentare ma non si è decentrato nessun potere né si è data la parola e l’ascolto ai territori.

Addirittura siamo al paradosso (a Milano) che i Presidenti di Zona dei primi anni 70 (nominati dal sindaco e non eletti, con coinvolgimento di tutto l’arco costituzionale) contavano di più degli attuali Presidenti di municipio eletti direttamente.

Perché? Perché in una Milano in grande trasformazione, con case, scuole, strade da costruire, il Sindaco ascoltava quasi settimanalmente i Presidenti, i quali erano lì grazie a un fenomeno partecipativo, consistente nei comitati dei quartieri.

La politica deve decidere cosa fare dei municipi. O una parte almeno della gestione cittadina viene effettivamente delegata ad essi oppure il rischio è che si trasformino in una sorta di sportello dei reclami, il che potrebbe risultare utile ma solo se i reclami vengono raccolti, elaborati, se si cerca una soluzione comune, se si ha la certezza di un ascolto serio da parte del sindaco e dell’amministrazione.

Non si vede questa volontà politica nè da parte del sindaco, nè da parte degli assessori che non intendono delegare nulla delle proprie competenze.

Ci si è dimenticati che la democrazia è potere al popolo, nel senso che parte dalla partecipazione popolare di base e sale fino agli organismi delegati, non è un potere che dall’alto distribuisce deleghe e scende ad organismi “inferiori”.

In altre realtà, per esempio a Udine, si è cercato di innovare sviluppando la partecipazione con consigli di quartiere a cui partecipano associazioni territoriali, parrocchie, enti del terzo settore, delegati dei cittadini. Non si tratta dunque di parlamentini in sedicesimo ma effettivi momenti di dialogo col territorio e di partecipazione.

L’assessora alla partita non ha solo la delega al decentramento ma anche alla polizia municipale e alla “sicurezza partecipata”.

E qui veniamo ad un altro problema di grande attualità, non solo perché le forze politiche sollevano spesso il tema della sicurezza, ma soprattutto perché questo problema è molto sentito dai cittadini e confermato non tanto dalle notizie di cronaca, che tendono a enfatizzare ogni singolo evento, ma da ogni ricerca in tema.

Nel recente rapporto, pubblicato il 5 dicembre 2025, il Censis mette Milano al primo posto della classifica del rapporto reati/abitanti (226.860 reati nel 2024 con un rapporto 69,9 reati ogni 1.000 abitanti). E’ vero che Milano non è solo i suoi residenti, però non è comunque una bella notizia.

Le violenze sessuali sono in aumento (quasi il 70% dal 2019 al 2024).E impressiona nella ricerca Censis che anche i giovani (18-34 anni) considerano pericoloso girare per strada la sera (67,1%) e almeno uno su due (52%) ha rinunciato almeno una volta ad uscire per paura gli succedesse qualcosa.

Dunque non bisognerebbe ragionare solo sui “maranza” e le gang giovanili ma sulla maggioranza dei giovani che ne sono anchessi vittime.

Ma come affrontare la domanda di sicurezza dei cittadini?

Sul piano politico ci troviamo davanti ad un paradosso apparentemente irrisolvibile: la competenza dell’ordine pubblico è in capo alle forze dell’ordine coordinate da questore e Prefetto ma agli occhi dell’opinione pubblica è il Comune il primo responsabile della sicurezza.

Le richieste di aumentare la disponibilità delle forze dell’ordine o di impiegare l’esercito non risolvono il problema in presenza di risorse limitate, dato che si presentano come risposte “emergenziali” e non continuative.

Nel periodo Covid le prefetture avevano colto la possibilità di utilizzo delle risorse private, che non possono occuparsi di ordine pubblico ma sono deterrenti a difesa del patrimonio.

Davanti alle file e obbligo di mascherina per entrare nei supermercati, la prefettura aveva obbligato i supermercati a dotarsi di sorveglianti privati per regolare l’affluenza.

È indispensabile che i cittadini siano coinvolti ed ascoltati, non solo nella richiesta di più vigilanza, ma anche nell’impegno diretto a favore del bene pubblico.

Ecco dunque una occasione per i Municipi di darsi un ruolo senza attendere deleghe dall’alto.

Ogni municipio dovrebbe avere una “Consulta per la sicurezza e la coesione sociale” in cui siano presenti le associazioni dei cittadini, le realtà territoriali, i singoli cittadini che vivono dei problemi e periodicamente, su questioni specifiche, coinvolgere la polizia locale, le forze dell’ordine, i carabinieri, l’Amsa, MM (per le sue competenze su Case Popolari e verde) in modo da attivarsi alla soluzione concreta dei problemi. Conoscere, condividere e impegnarsi nelle risposte ai problemi anche prevenendoli.

In questo modo ci si farebbe carico seriamente delle richieste dei cittadini, i municipi comincerebbero ad aumentare di utilità e credibilità, e avvieremmo quel percorso partecipativo di cui l’amministrazione milanese ha tanto bisogno.

Manca meno di un anno e mezzo al voto amministrativo. Il comune deve decidere cosa vuol fare del decentramento. O entra a pieno titolo nel sistema democratico municipale o non ha senso la sua esistenza. Per cominciare si potrebbe decidere (con semplice modifica dei regolamenti statutari comunali) che i presidenti di municipio partecipino di diritto ai consigli comunali con diritto di parola.

Non si può assistere inermi alla crisi di partecipazione, bisogna investire sulla iniziativa volontaria e civica e sul rinnovamento delle istituzioni democratiche.

Pier Vito Antoniazzi