Giornata della Memoria 2022: Liliana Segre, Sergio Mattarella e l’attesa per chi arriverà al quirinale

di Paolo Petracca

Le convulsioni che la classe politica (che vorrebbe uscire dal proprio autocommissariamento) sta mostrando pubblicamente, nella solenne occasione dell’elezione del Capo dello Stato, stridono con le odierne celebrazioni della Giornata della Memoria.

Dopo la morte di David Sassoli – che poteva costituire una tardiva ma ancora puntuale epifania da cui far scaturire una riflessione corale sulla necessità di scelte alte e condivise guidate dalla mitezza e dalla gentilezza – oggi il nostro straordinario e dolente Paese ci offre un’altra icona che potrebbe essere presa ad esempio per indicare la strada da imboccare per il bene dell’Italia: Liliana Segre.

Voglio provare ad immaginare e a mettermi nei suoi panni, ad immedesimarmi per tentare di comprendere e di far comprendere quali virtù private e civiche servirebbero al nostro popolo in un tempo così straordinario come quello che ci è dato di vivere a causa della pandemia che continua a mostrarci quanto sia fragile e drammaticamente poetica la nostra comune condizione umana.

Provo a pensare a quanto dovesse essere freddo quell’inverno di 77 anni fa in Polonia. Penso alla metà di gennaio del 1945 quando esilmente in piedi, nella neve di Auschwitz ingrigita dalla cenere che usciva incessantemente dai forni crematori, Liliana, una ragazzina delle scuole medie, ripeteva come un mantra tra sé e sé: «voglio vivere», «voglio vivere», «voglio vivere», nel gelo sferzante, mentre veniva costretta, senza alternativa o possibilità di fuga, alla “marcia della morte” verso la Germania.
Per fortuna la storia ci racconta che si salvo’ e venne liberata dall’Armata Rossa il primo maggio dello stesso anno nel campo di Malchow.

Una dei 25 bambine/i e ragazze/i italiani (sotto i 14 anni) sopravvissuti su 776 portati con la forza come prigionieri nei campi di sterminio.

Liliana Segre, ora senatrice a vita, seppe resistere nei lager per quindici mesi dopo che, insieme al padre Alberto, nel gennaio 1944 era stata chiusa in un “carro bestiame” nell’invisibile binario 21 della Stazione Centrale di Milano.

Ricordare significa riportare al cuore. Ed il mio e’ in subbuglio in quest’alba romana.
Per sconfiggere la banalità del male occorre che le nostre coscienze siano vive, che la memoria sia coltivata, che i nostri occhi sappiano riconoscere, guardando il volto dell’altro, che apparteniamo tutti con la stessa dignità ad una sola famiglia umana.

E Liliana quante persone come me, quanti padri ha visto in quei 15 interminabili mesi obbedire ad un sistema disumano, esserne parte, essere complici?

Ecco allora a cosa pensare e cosa chiedere intensamente e particolarmente, in questi giorni, quando i credenti pronunciano insieme l’ultima locuzione del Padre Nostro.

Ecco allora a cosa pensare se non si e’ credenti: a come liberarsi dal male per sortire un’esistenza che valga davvero la pena di essere vissuta.

Poi Liliana, come la farfalla gialla che riesce a volare oltre il filo spinato, è riuscita a vivere e a far librare la sua anima superando le sofferenze, l’odio, l’annientamento a cui era stata sottoposta.

E a un certo punto, dopo aver vissuto, generato, accudito, accompagnato, lavorato ha avuto la forza di raccontare e di raccontarsi perché tutti noi potessimo mettere la nostra coscienza sopita davanti ad uno specchio.

Al Quirinale deve vivere una persona che sappia fare esattamente questo, come lo ha fatto il presidente Mattarella, mite e ironico e con un sorriso timido come quello di Liliana, memore anche egli di quel giorno tragico nel quale, come nella pietà di Michelangelo, tenne tra le braccia il corpo esanime ed ancora caldo, di suo fratello ucciso dalla mafia.

Al Quirinale deve vivere un custode o una custode attivo/a e attento/a della “Carta più bella del mondo” perché scritta come sintesi di una speranza condivisa dopo la Tragedia.

Credo che gli italiani e le italiane si aspettassero, come me, un’elezione subitanea e a larghissima maggioranza di una persona capace di unire il Paese e nella quale poter riconoscere il volto migliore della nostra nazione e della nostra cultura giuridica.

Al netto delle convulsioni, forse potrebbe ancora accadere?

C’è da augurarselo per il bene dell’Italia.

Non ho nomi da fare, ne donna ne uomo, ma che abbia avuto una vita vera, un percorso autentico di umanità, che sia politicamente capace e giuridicamente competente.

Avrebbero già dovuto e saputo trovarlo/a insieme, la scadenza era nota ed il climax fin troppo esasperatamente creato dai media, non è stato così ma non disperiamo anzi chiediamo che ci riescano.
Intanto l’icona a cui ispirarsi, a 91 anni, è proprio lì, a compiere il suo dovere e la mia irresistibile curiosità mi porta a chiedermi come starà vivendo questi giorni e cosa starà pensando.